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giovedì 9 ottobre 2008

Capitano Alatriste


Autore: Arturo Pérez-Reverte
Editore: Salani


“ Diego Alatriste y Tenorio, dopo aver combattuto nei vecchi battaglioni di fanteria durante le guerre delle Fiandre, tira a campare come spadaccino al soldo nell'elegante e corrotta Madrid del diciassettesimo secolo. Non è uno dei tanti veterani che vanno a zonzo spavaldi per la capitale millantando inverosimili gesta d'eroismo, e nemmeno uno degli spregiudicati sicari pronti a qualsiasi compromesso purché ben remunerato: il capitano Alatriste segue, con coerente freddezza, un codice d'onore tutto suo. Lo sprezzante sorriso che sembra una smorfia, lo sguardo chiaro come l'acqua, i lunghi silenzi, il fare rude e sbrigativo, Alatriste si ubriaca d'azione e di vino per celare la sua metafisica disperazione. È fiero, impavido, orgoglioso, amato e rispettato da molti amici, ma mortalmente odiato da altrettanti nemici, come il sinistro e implacabile inquisitore fra Emilio Bocanegra, lo spietato assassino Gualterio Malatesta, o lo scaltro e diabolico segretario del re, Luis de Alquézar. In un suggestivo scenario storico, le imprese di Alatriste ci trascinano negli intrighi di corte di una Spagna paradossale, padrona del mondo, ancora in preda a sogni di grandezza, ma già con il presentimento di un futuro nefasto. Viottoli bui, illuminati soltanto dal luccichio delle spade sguainate negli agguati, taverne in cui si scrivono sonetti tra baruffe e bottiglie di vino, cortili dove le rappresentazioni delle commedie di Lope de Vega finiscono a coltellate: è il 1623. Cominciano le avventure del Capitano Alatriste. “

Questo è per me il primo libro di Arturo Pérez-Reverte: ho ascoltato una sua intervista a 'tutti i colori del giallo' su RADIO2 e mi ha incuriosito al punto da acquistare, su IBS, alcuni sui libri. Sono felice di averlo fatto, di aver seguito il caso e l'ispirazione. Le sensazioni suscitate in me da questo libro sono state 'salgariane', ho riprovato le emozioni vissute leggendo il ‘Corsaro Nero’ o ‘Le tigri di Mompracem’. Anche loro erano uomini che avevano perso tutto e che si aggrappavano al loro onore come all'ultimo, vero tesoro; anch’essi personaggi tormentati e complessi, a volte implacabili, a volte straordinariamente generosi, mai mediocri, che sapevano suscitare solo intensi sentimenti: grande odio, grande amore o grande lealtà. Alatriste ricalca in pieno i personaggi meglio riusciti del grande scrittore. Non so se ciò sia  voluto: Pérez-Reverte cita esplicitamente Dumas ma non ci sono cenni a Salgari; a meno che l’intero personaggio, la sua dignità ,il suo senso dell’onore, la sua abilità con la spada, lo sprezzo della morte, il suo atteggiamento beffardo nei confronti del fato, la sua fondamentale ‘purezza’, malgrado tutto, sia tutta una macroscopica citazione. Io comunque l’ho vissuta così : le descrizioni, i ‘ferraiuoli’, le spade persino le ‘misericordie’ hanno riacceso in me emozioni adolescenziali ed eroiche. Ma se tutto ciò fosse frutto del caso, di una incredibile convergenza, quale meravigliosa, fortunata coincidenza per noi appassionati lettori, amanti di queste avventure lontanissime dalla mediocrità quotidiana. 



Sherlock Holmes contro Dracula



Autore: Watson, John H.
Curatore: Estleman, Loren D.
Editore: Gargoyle


"È l'anno 1890. Una nave fa naufragio sulla costa inglese, l'equipaggio è scomparso, il capitano è stato assassinato, l'unico passeggero è un sinistro cane nero. Il mistero, di cui nessuno riesce a venire a capo è pane per i denti dell'inimitabile Sherlock Holmes, ma per la prima volta nell'arco della sua esaltante carriera il grande detective è in difficoltà. Risulta evidente che gli uomini dell'equipaggio sono stati uccisi e gettati fuori bordo, ma cosa può spiegare l'espressione di orrore stampata sul volto del capitano, il suo fatale dissanguamento, e lo strano carico della nave - cinquanta casse di terra? Il gioco è aperto e Sherlock Holmes, assistito come sempre dal fedele Dottor Watson, si viene a trovare sulle tracce del re dei vampiri in persona - il Conte Dracula..."

Mi è piaciuto questo libro fin dalla copertina; ha toccato le corde del mio cuore già dalla tenera dedica all’attore Peter Cushing fatta dall’editore e dal traduttore della versione italiana, dedica che mi ha sorpreso e compiaciuto. Mi è piaciuto l’espediente del ritrovamento del manoscritto del dottor Watson, con annessa ricostruzione delle varie parentele, e pubblicazione da parte di un curatore, porto con grazia. Mi è piaciuta la bibliografia proposta dal curatore con la distinzione fra il canone, gli episodi citati ma mai scritti e gli episodi apocrifi. Mi è piaciuto, infine, il romanzo. L’autore è riuscito ricreare il linguaggio e le atmosfere tweed di Conan Doyle e leggerlo è stato un vero piacere, come gustare un dolce da tè che raramente viene preparato perché se ne è persa la ricetta. Intrigante l’accostamento tra l’algida mente di Sherlock e la potenza istintiva e ferina del Conte Dracula. Da questo incontro (e scontro) ciascuno dei due personaggi ne esce modificato, anche se sempre nei limiti canonici dei personaggi: per la prima volta, Holmes si trova in una situazione di cui non riesce circoscrivere l’intero perimetro, che non può controllare sino in fondo, malgrado le sempre fulgide deduzioni; emerge, sorprendentemente, una emotività controllata ma intensa del detective, dovuta senz’altro agli eventi straordinari (e illogici) che si trova a fronteggiare; in questo contesto così ‘emotivo’, lascia emergere il suo affetto per il fedele Watson in diverse occasioni; per contro Dracula appare all’inizio una presenza solo intuita ma oppressiva e spaventosa; prenderà sempre più corpo, ma verrà esaltato l’aspetto selvaggio, animalesco e sanguinario, più vicino al Conte Vlad storico e forse al personaggio inteso da Stoker, che non alla figura elegante e patinata trasmessaci, erroneamente a mio parere, dal cinema e da certa letteratura; alla fine Dracula fa pensare più ad un animale selvaggio (un lupo, forse), intelligente e potente sì, ma vincolato dalla sua natura, incapace di essere veramente padrone di sé e del proprio destino; poco a poco il conte perde il suo aspetto terrificante per giungere, quasi, a destare compassione. Non ho riconosciuto, invece, il personaggio di Van Helsing, presentato qui come un barone del vampiresco, preoccupato solo di mantenere la sua fama di esperto in materia; ma il personaggio è visto con gli occhi del buon dottor Watson, il quale senza dubbio non può che considerare arrogante chi contesti la competenza del suo idolo, Holmes, su qualunque argomento. Per ultimo desidero ringraziare la casa editrice Gargoyle (nome intrigante!) per aver pubblicato questo piacevolissimo libro e mi auguro che manterrà questa linea editoriale così affascinante e raffinata.