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giovedì 7 maggio 2020


Cyber China


Autore: Qiu Xiaolong
Editore: Marsilio


"Armonia e integrità: stando ai media ufficiali, il modello cinese è un successo. Ma su internet, la rabbia dei cittadini si scatena. Zhou, un funzionario della municipalità di Shanghai, è il bersaglio perfetto per questo nuovo genere di caccia alla corruzione. Una sua foto con in mano un pacchetto di sigarette di lusso infiamma la rete. Due settimane più tardi, viene trovato impiccato. È stato davvero un suicidio? Sotto l'occhio vigile delle autorità di Partito, preoccupate di quel formidabile movimento che agita la rete, l'ispettore capo Chen, assistito da Lianping, giovane e affascinante giornalista, indaga sul mondo dei blog clandestini, dove la censura rossa si rivela impotente. Smarrito tra i nuovi grattacieli che spuntano come germogli di bambù in una città schiacciata da una corruzione e un'ingiustizia sempre più sfacciate, Chen assiste alla trasformazione del suo Paese in un'enorme ragnatela di relazioni onnipresenti, dove ogni filo è collegato da interessi comuni, intrighi e segreti condivisi. E dove anche a un ispettore capo di polizia viene richiesto di fare il proprio lavoro coscienziosamente, purché non intralci il quadro più ampio."

Nell’ottavo dei romanzi di Qiu Xiaolong dedicati all’ispettore capo Chen Cao, pubblicato in Italia con il titolo “Cyber China”, il protagonista sembra giunto ad un svolta. Potrebbe essere trasferito a Pechino e “promosso”, per essere distolto da un’indagine particolarmente “speciale”. Ironia vuole che la ragione per cui gli è stata affidata, la sua reputazione di funzionario integerrimo, è anche il motivo per cui potrebbe essergli strappata. Qui possono venirci in mente certi nostri giudici coraggiosi e tenaci, prima esaltati e poi abbandonati, una volta rivelatisi troppo efficaci. Per Chen l’eventualità di smettere di essere un poliziotto sarebbe devastante. La carriera che gli è stata imposta da una struttura statale miope, per sfruttare la sua istruzione e la sua conoscenza dell’inglese, è diventata parte integrante della sua personalità, la solida struttura che sostiene e lega alla terra il suo spirito fin troppo evanescente. Il corpo estraneo inserito nella carne molle si è trasformato in perla. Separare Chen da quel nucleo prezioso, ottenuto con grande fatica e determinazione, potrebbe lacerarlo profondamente.
E’ fonte di turbamento e di riflessione constatare che, in qualunque parte del mondo, le persone dotate di una sensibilità etica sono in continuo conflitto, con sé stesse e con le istituzioni, soprattutto quando ne fanno parte. L’onestà non è un monumento al centro di una piazza, immobile e granitico. E’ un fiume che scorre, a volte più lento, a volte più rapido. Le scelte fatte, le altre anime incontrate vi confluiscono e lo alimentano, come ruscelli montani. Veniamo tentati in mille modi diversi ed è difficile mantenere la rotta, intravvedere i gorghi. L’azione considerata innocua o addirittura generosa, può rivelarsi un errore, qualcosa che ci allontana dal percorso tracciato. Un proverbio cinese dice che non si può attraversare lo stesso fiume: l’acqua scorre e il fiume cambia, continuamente.
Nei romanzi di Qiu Xiaolong si avverte questo conflitto, che aumenta con il progredire della carriera di Chen Cao. Personaggio malinconico e tormentato, da bravo poliziotto non può fare a meno di conoscere, di arrivare al nocciolo degli eventi di cui è testimone. Ma il soggetto principale delle sue indagini è, soprattutto, sé stesso. L’essere poeta e quindi creatura addestrata alla percezione della bellezza e dell’armonia, aggiunge uno strumento di comprensione, ma anche di tortura, alla sua intelligenza. La sensibilità, l’empatia particolarmente intense, perché rafforzate dall’animo di poeta, sono le armi vincenti di quest’uomo solitario, ma sono anche ciò che lo rende vulnerabile e che spesso lo allontana da possibili spiriti affini. La tentazione di rifugiarsi nei brevi attimi di appagamento raggiunti nell’ammirazione della natura e della bellezza è in lui fortissima ma sempre combattuta, in nome di un astratto ideale di dovere che però, proiettato nella quotidianità, diventa incredibilmente concreto.
Ci sono cose che un uomo farà e cose che un uomo non farà. E’ il detto che il padre dell’ispettore, neoconfuciano, ripete spesso, forse anche a sé stesso, durante i terribili eventi della Rivoluzione Culturale. Anche se perduto molto presto, questo padre filosofo è una continua fonte di ispirazione per Chen, il nume tutelare a cui spesso si rivolge, anche inconsciamente quando ne ripete i motti preferiti, nei momenti di incertezza. Nel momento di massima tensione, con l’indagine che si intuisce conclusa con esiti sconvolgenti, l’uomo delle istituzioni, leale al Partito, soppesa e decide di Fare. Di mettere fine, in qualche modo, alla logica del mantenimento dello status quo, chiamato Armonia dagli apparati di stato, con inconscia autoironia.
Il punto focale non è la conclusione del caso, di cui non si parla, ma la decisione, l’ennesimo flusso che va ad alimentare il fiume e gli permette di non inaridirsi.
Chen Cao, cinese di Shangai, può essere qualunque uomo, di qualunque nazione, che cerca di fare ciò che è giusto per sé e per la società, di far scorrere il fiume dell’onestà in un flusso costante, mantenendo gli argini intatti, facendo scelte difficili e a volte apparentemente contraddittorie, come la corrente che risale il fiume sotto la spinta delle maree.